Syllog spiega come l’AI può superare i 5 errori della formazione
Quando la formazione aziendale non funziona, spesso si ricade negli stessi ostacoli. Syllog mostra come evitarli e superarli, rendendo la formazione più efficace
Per molte aziende, settembre è il mese delle ripartenze e dei buoni propositi. Tuttavia, quando si parla di formazione aziendale, il rischio è quello di ricadere ogni anno negli stessi errori. In particolare, chi si occupa di Risorse Umane si trova spesso ad affrontare le medesime criticità, che rallentano l’efficacia dei percorsi formativi e impediscono una vera evoluzione delle competenze. Ma quali sono queste trappole ricorrenti?
1. Scambiare la compliance per formazione
Uno degli errori più frequenti è considerare la formazione alla stregua di un obbligo da assolvere. Corsi su sicurezza, privacy e codice etico sono certamente importanti, ma rappresentano la base minima, non una leva di crescita. Spesso, l’HR si limita a garantire la conformità normativa, trascurando l’impatto trasformativo che la formazione può generare. “Il rispetto delle normative è fondamentale, ma non può esaurire l’investimento formativo: serve una visione più ampia, orientata allo sviluppo di competenze reali”, sottolinea Davide Ludovico Co-founder & CSO di Syllog, innovativa piattaforma AI di EdTech e HR Tech che trasforma documenti aziendali in corsi multimediali e personalizzati. Una strategia efficace nasce da un’analisi puntuale dei fabbisogni, si integra nei processi operativi e punta a cambiare comportamenti sul campo. Solo così la formazione diventa uno strumento per generare valore, non un adempimento amministrativo.
2. Affidarsi a un ecosistema tecnologico disgregato
Un altro ostacolo molto diffuso è la frammentazione tecnologica. Le aziende spesso adottano strumenti diversi per gestire la formazione come Learning Management System, repository, piattaforme video, software di content creation. Il risultato è un’esperienza disconnessa, sia per chi fruisce sia per chi gestisce. La moltiplicazione degli strumenti, anziché semplificare, aumenta la complessità operativa e riduce l’efficacia del sistema. “Il digitale funziona solo se semplifica”, Davide Ludovico “Serve un ambiente formativo integrato, dove contenuti e interazioni siano centralizzati, intuitivi e personalizzabili”. Un ecosistema coerente migliora l’esperienza di apprendimento, riduce i tempi di gestione e favorisce la scalabilità dei programmi formativi.
3. Produrre contenuti che diventano rapidamente obsoleti
Molti HR si affidano a processi di progettazione formativa tradizionali, spesso lunghi, costosi e basati su risorse esterne. In contesti aziendali in rapido mutamento, questo approccio non è più sostenibile. Documenti, policy, procedure interne devono poter essere trasformati in contenuti didattici in modo agile, modulare e costantemente aggiornabile. Le nuove tecnologie, in particolare quelle basate sull’intelligenza artificiale, offrono oggi la possibilità di automatizzare parti del processo di creazione, semplificare l’aggiornamento dei contenuti e supportare diversi formati: testuale, video, audio, multilingua. Adottare un approccio di microlearning continuo e flessibile consente di mantenere la formazione allineata alle esigenze del business, riducendo i costi e aumentando la reattività dell’organizzazione.
4. Ridurre la digitalizzazione al semplice “upload di video”
Una digitalizzazione superficiale è un errore che molte aziende commettono. Trasformare documenti in PDF o registrare video-lezioni non significa ripensare davvero la formazione. Senza un progetto didattico solido, anche il contenuto digitale rischia di essere inefficace, passivo e scollegato dalla realtà lavorativa. Il vero salto digitale consiste nella progettazione di percorsi di apprendimento dinamici, interattivi e personalizzati. Oggi, grazie all’AI, è possibile adattare contenuti e interazioni ai ruoli specifici, ai comportamenti osservati e ai bisogni emergenti. Una formazione così costruita diventa parte dell’operatività quotidiana, in grado di rispondere in tempo reale a nuove esigenze, migliorare il coinvolgimento e supportare l’efficacia sul campo.
5. Non misurare l’impatto reale della formazione
Infine, molti HR si limitano a valutare il numero di utenti che completano un corso o il grado di soddisfazione espresso nei questionari finali. Ma questi dati, da soli, non indicano se la formazione ha davvero generato un cambiamento. Per essere uno strumento strategico, la formazione va misurata nel suo impatto reale. Che cosa è stato appreso, se e come è stato applicato? Quali comportamenti sono cambiati? Solo attraverso dati precisi e leggibili si possono prendere decisioni efficaci, pianificare nuovi interventi e colmare gli skill gap in modo mirato.
Superare queste cinque trappole richiede un cambio di prospettiva. La formazione deve diventare un processo continuo, integrato nei flussi di lavoro e fondato sull’ascolto dei bisogni reali. Le tecnologie oggi disponibili offrono enormi potenzialità, ma vanno inserite in una visione coerente e sostenibile. Conclude il Co-Founder di Syllog, “Per chi lavora nelle Risorse Umane, la sfida non è solo quella di “fare formazione”, ma di costruire un ambiente di apprendimento in grado di evolvere con l’organizzazione, generando valore nel tempo, non solo adempimenti”.

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